Paura di scrivere?


scrivere

…quando iniziare e finire fanno tremare

Le paure nella scrittura sono molte, non credo di poter essere esaustivo in un solo post. Tenterò piuttosto di delinearne alcune, quelle che mi colpiscono maggiormente. Non tanto per il loro effetto su di me, quanto per la curiosità che mi suscitano. Lo sapete, io amo le contraddizioni e le paure spesso sono un loro frutto.

Paura di iniziare

Lo sappiamo ormai, il blocco dello scrittore non esiste. Eppure qualcuno, forse più di uno, davanti alla pagina bianca si arena. Iniziare a scrivere non è sempre facile né immediato. La scelta di quelle prime parole giuste… Ecco, credo che il problema in questo caso sia proprio questo: la scelta delle parole giuste. Giuste.

Nella scrittura esistono romanzieri capaci di trovare parole magnifiche, abbinate stupendamente. Una singola frase è in grado di aprire mondi, di far viaggiare con la fantasia, di procurare gioia o commozione. Di far riflettere. Una frase, quella giusta, è per sempre; più di un diamante. Una frase. Ma parole giuste, no. Non esistono.

Anche la frase più riuscita è sempre composta da parole qualsiasi. Le potete trovare sul dizionario, ad esempio, su un articolo di giornale oppure nei titoli di coda, in televisione o al cinema. Sono solo parole, parole comuni. Le potete usare, se volete. Tutti le possono usare. Eppure, allo stesso tempo, le temete. Perché?

Questo timore è comprensibile, ma non giustificabile. Ve ne spiego il motivo dal mio punto di vista: si tratta di ansia, ansia che si genera perché per qualche assurdo motivo ritenete che le parole che sceglierete siano immodificabili. Una frase azzeccata sarà pure per sempre, ma le parole sono intercambiabili. Non solo, ma se le scrivete e non vi piacciono, be’, le potete tranquillamente cancellare.

Non sentite già del peso calare dalle vostre spalle? Quelle prime giuste parole non significano niente. Potete azzeccarle tutte al primo colpo, oppure riscrivere la stessa frase per giorni o mesi. Non cambia nulla, a parte una leggera frustrazione per i tempi che si allungano. Iniziate a scrivere scegliendo senza ansia e senza troppe aspettative le prime parole che vi vengono in mente. Se poi non vi piacciono, le sostituirete.

Una dimostrazione

Se ancora non siete convinti e volete fare una prova prendete una frase del vostro autore preferito, quella che vi ha colpito in modo particolare. Ce l’avete? Bene, adesso scrivetela, copiatela. Lo so, copiare è una brutta cosa, ma fatelo. Visto? Potete scriverla perfino voi!

Bene, adesso cambiate le parole cercando di mantenerne il senso. Ci siete riusciti? Un po’ più difficile, vero? Ma non dipende dalle parole, piuttosto dalla frase. Quella frase, quella che vi ha colpito tanto, è riuscita a cogliere e descrivere perfettamente un’aspetto della vita. È questo il segreto, non sono le parole, ma il senso di ciò che volete comunicare. Se lo avete chiaro in mente, non avrete problemi a trovare le parole giuste e se non saranno giuste fin da subito, riprovate e le troverete. L’unica cosa che non dovete fare e starvene lì a guardare una pagina vuota: è fatta per essere riempita.

Adesso prendete quelle parole, le parole originali della frase che vi ha colpito tanto, e usatele per creare una frase diversa, con un senso differente. Questo piccolo esercizio vi farà capire che le parole sono solo parole e le potete utilizzare come meglio credete. Soprattutto, le dovete mettere continuamente in gioco: non accontentatevi.

Ci provo anch’io

Il mio primo blog si chiamava PagineStrappate, esiste ancora seppure in stato di abbandono. Il significato del nome che scelsi era più o meno lo stesso: il valore di un testo non è dato dalla prima stesura, fatta di getto, ma dalle continue riscritture. Il testo si riscrive, in fase di revisione, fino a quando non assume l’aspetto, il senso, che volevate voi. Uno scrittore non dovrebbe mai aver paura delle parole. È come se un meccanico avesse timore di una chiave inglese…

Sbaglia. Fallo senza remore. Ma con la consapevolezza che il passato non si può modificare.

Questa frase è tratta da uno dei tanti manoscritti che non ho mai terminato. Magari non sarà una frase in grado di farvi sognare o commuovere, ma usiamola ugualmente.

Tenta. Non guardarti indietro. Sii conscio però, che ciò che hai fatto non lo puoi più cambiare.

Fa schifo, lo so. Voi farete di meglio con le vostre frasi preferite.

Remore che il passato non sbaglia, fallo modificare. Si può. Ma con consapevolezza.

Mi sono rimaste una manciata di parole: senza, la. Tuttavia è stato divertente, provateci anche voi. Fatelo sul serio.

Paura di concludere

Questa paura mi tocca più da vicino. Come sapete ho iniziato sette manoscritti (otto…) e non sono riuscito a portarne a termine neanche uno. Scrissi un guest post per Pennablu qualche tempo fa (Il manoscritto nel cassetto fa la muffa), dove tentavo di convincere voi che la paura di non terminare un manoscritto è quella del successo. Credo ancora che ci sia del buono in ciò che scrissi. La paura del successo non va intesa come la spacconata boriosa di chi si crede arrivato, del tipo: io avrei successo, se solo finissi… No. La paura del successo è una cosa reale. Provo a illustrarla meglio.

Nelle vendite – come ormai sapete vendo sogni – è una paura piuttosto comune. Ne capii il senso molti anni fa. All’epoca ero un ragazzo con poca esperienza, sia di vendita, sia di vita. Lavoravo da pochi giorni per una azienda piuttosto nota. La ditta in questione produce tuttora olio, comunissimo olio di oliva. Il mio ruolo era quello del PR, che nel campo significa: procacciatore d’affari. È il gradino più basso nella vendita, la carne da cannone ed è così che venivo sparato in giro, porta a porta, a chiedere alle persone se volevano comprare una pinta del mio fantastico olio. Le cose però non andavano bene e io ero parecchio sconfortato. Sapevo parlare certo, l’ho sempre saputo fare, ma vendere è un’altra storia. Porta a porta poi, è perfino più difficile. Le persone non hanno voglia di essere importunate a casa propria.

Tuttavia l’azienda credeva in me. Quindi mise al mio fianco un venditore dotato di esperienza, un veterano, per farmi da trainer. Capii che non era la persona giusta quando parlando di tecniche mi disse: «Le devi fare eccitare». Lo disse con voce rauca, sottolineando il concetto sventolando una mano chiusa a carciofo, come se volesse raccogliere un bacio e lanciarlo via.

«Chi?» chiesi strabuzzando gli occhi.

«Ascolta, ragazzo,» iniziò, tirandomi per una manica fino ad appartarci, «la maggior parte delle persone che visiti porta a porta sono donne. A loro piace il cazzo, hai capito? Devi farle eccitare, devi parlare con loro come se te le volessi chiavare. Vedrai che vendi». Concluse la frase spingendo in fuori il labbro inferiore e leccando con una passata di lingua quello superiore. Non imparai a vendere, ma provai un certo ribrezzo.

Poi mi affiancarono un ragazzo più giovane. Era un veterano anche lui, ma da meno anni rispetto al precedente. Aveva un sorrisetto superbo da prenderlo a pugni, che gli segnava una faccia glabra dotata di guance grassocce. Grassocce sì, a cupola come quelle di un criceto. Mi squadrò dalla testa ai piedi e poi disse: «Io lo so qual è il tuo problema».

Dubitavo d’essere io ad avere un problema, ma per amor di discussione e anche perché dal tipo dipendeva la mia carriera, risposi: «Bene, qual è?».

«Hai paura del successo».

«Successo, io?».

«Sì. È tipico, sai? La maggior parte delle persone non fallisce, rinuncia. Sai perché?».

«Perché hanno paura del successo?».

«Esatto. Ma hai capito di cosa si tratta?».

Scossi la testa.

«Qual è la cosa che ti fa più paura? Scarta i leoni, gli alieni e altre menate simili, qual è la cosa che ti fa più paura nella vita?».

Riflettei un attimo e poi dissi: «Sbagliare».

«Vedi? Ci sei. La paura di sbagliare non è semplice paura di fallire e dover rifare daccapo una cosa, ma d’essere giudicato per essa. Soprattutto, paura di giudicarsi da solo. Di capire di non essere all’altezza. Non è il fallimento in sé, ma ciò che ne consegue e non sto parlando di conseguenze materiali, ma umorali. Ogni volta che falliamo la sicurezza in noi stessi viene scalfita. Quindi, piuttosto che fallire e scoprire che le paure erano fondate, che sei un inetto a fare una cosa, la maggior parte delle persone preferisce rinunciare».

«Ma rinunciando non falliscono lo stesso?» chiesi dubbioso.

«No, è diverso. Se rinunci potrai sempre dire a te stesso: “Ok, ho rinunciato, ma se non l’avessi fatto e mi fossi impegnato ci sarei riuscito”. Capisci? È una giustificazione. È questo che andiamo cercando. Una giustificazione per riscattare le nostre sconfitte. Anziché cercare opportunità da sfruttare, loro, le persone, che fanno? Cercano giustificazioni. Hai capito?».

«Ma cosa centrano le giustificazioni con il successo, perché la chiami paura del successo?» chiesi aggrottando la fronte, in cerca di un senso che avevo solo intuito.

«Se anziché rinunciare, ti fai coraggio e provi, magari fallisci, ma magari scopri che una cosa ti riesce sul serio. Scopri di avere successo. Vedi, in genere dalle paure si fugge e quando fuggi in che direzione vai?».

«In quella opposta?».

«Di nuovo corretto. Ora, la paura del fallimento ti spinge a tentare, mentre la paura del successo a rinunciare. Hai capito adesso?».

Non capii e ben presto me ne andai. Da allora sono passati molti anni e forse ancora oggi non lo comprendo fino in fondo – altrimenti avrei già terminato qualche manoscritto – ma qualcosa l’ho afferrata lo stesso: la paura del successo è una giustificazione. Accettiamo una ritirata per evitare una sconfitta. Evitiamo di tentare per paura di scoprire che non siamo bravi in quello che vorremmo fare. Paura del successo, semplicemente.

Conclusioni

Mi sono dilungato parecchio, le altre paure le vedremo magari in un’altra occasione. Nel frattempo, quali sono le vostre paure? Ne avete qualcuna? L’avete compresa?

28 Comments on “Paura di scrivere?”

  1. Ti dirò, il discorso non torna nemmeno a me. Se ho paura di fallire ci provo perché il fallimento è brutto. Se ho paura di avere successo non ci provo perché… Frena. Perché devo avere paura del successo?
    Non è del successo che hai (abbiamo) paura, ma delle aspettative. Finché non concludi niente nessuno si aspetta che tu lo faccia. Ma quando scopri di avere le capacità, le qualità per avere successo ecco che cominciano le aspettative. Non è la paura del primo successo ma di quelli a venire, di mantenere uno standard di qualità.
    Hai venduto la tua prima pinta? Bene, adesso vendi la seconda, la terza, un gallone.
    E torna la paura. Il che da un lato è paradossale perché se sai che puoi farcela che scusa hai per non farlo? Sarà che poi non abbiamo scuse se falliamo?

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  2. Ciao Salvatore ti seguo da un po’, ma non ho mai avuto il piacere di commentare.
    La paura di cui parli è comune a tanti, ma non a tutti. Vedo alcuni che scrivono porcherie e appena messo l’ultimo punto le pubblicano in self senza nemmeno rendersi conto della fesseria commessa.
    È un po’ come la differenza fra il coraggioso e l’incosciente.
    L’incosciente agisce senza consapevolezza del pericolo.
    Il coraggioso conosce bene i rischi, ma trova la forza per superarli.
    Io credo però che ciascuno di noi, se crede fortemente nei propri sogni, prima o poi si troverà di fronte a una scelta finale. O rinunci o fai. E se ci credi sul serio, fare diventa l’unica alternativa possibile.
    In tal senso mi piace molto una citazione di Cloud Atlas (il film): “Devi fare tutto quello che non puoi non fare.”

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    • Ciao Marco, benvenuto nel mio blog. Piace molto anche a me quella citazione. Hai ragione, alla fine bisogna trovarlo il coraggio. L’importante è rendersi conto di non essere semplicemente incoscienti… 😉
      Grazie per il commento. 🙂

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  3. “Sono viva, respiro la tua stessa aria, calpesto la TUA stessa terra.
    Continuerò a lottare, a urlare al mondo e al mio popolo che io ESISTO, sono VIVA!”

    Ok questa è una frase che dirà la protagonista nel secondo o terzo libro, o probabilmente non lo dirà 😀 una di quelle frasi che ora non la rispecchiano più tanto bene, ma mi piace il senso e la voglia di andare avanti, perciò l’ho riportata qui paro paro. 😀

    La paura di iniziare, non mi è mai toccata e ti spiegherò anche perché.
    Scrivere è come dipingere. Basta sporcare la tela, che poi tutto il resto arriva da solo. Puoi sempre cancellare lo schifo iniziale con una seconda o terza pennellata, ma la paura di concludere è un’altra cosa.
    Prenderò sempre ad esempio la pittura (mi sono laureata in pittura in accademia e perciò mi viene più facile fare una comparazione). Dopo ore o giorni di lavoro, di pennellate e ripensamenti era la tela stessa a chiedere di fermarmi. STOP e io lo facevo, anche se con la paura che potesse risultare incompleto, ma non avevo altri stimoli. Lo facevo e basta. In scrittura è lo stesso. Il finale arriva e può anche essere tronco. Puoi troncare, perché quella storia ha sviluppato tutto quello che doveva dare.
    Purtroppo è così. La mia paura non è il non saper concludere, ma il non voler concludere. Non riesco a lasciare andare la mia storia. Vorrei passare ancora molto tempo con loro: i personaggi, ma come ogni buon genitore devi lasciare andare i tuoi figli e sperare che crescano bene.
    Questa volta questo timore è ridotto, ho ancora due libri da sviluppare insieme a loro, la paura si è trasformata in un’altra, o meglio nella speranza di non prenderli a noia.

    Per non mollare il romanzo a metà, hai mai preso in considerazione i lettori cavia? Ogni volta che finisci tot capitoli glieli dai da leggere. Un modo per sapere che c’è della gente che aspetta di leggere come va avanti e porti nella condizione di non mollare, per l’impegno che hai preso nei loro confronti.

    Certo l’impegno che prendi è verso di te, ma sapere e avere una spinta in più a me aiuta nei tempi bui. Quando comincio a dubitare

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        • ok, penso che per te basti scrivere una richiesta sul blog e di lettori cavia, ne troveresti 😀

          Prova a chiedere anche alla tua compagna, o obbliga non so :P, la leghi alla poltrona le apri gli occhi con lo scotch e le giri le pagine. 😀

          Scherzo! Ovviamente! O forse… chissà.

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          • Stai scherzando, vero? Mi vuoi morto! La mia compagna già mi odia perché scrivo anziché passare il tempo con lei, figuriamoci se le chiedessi di fare da cavia. Per di più odia leggere… Ti rendi conto? Uno scrittore che condivide il tetto con una donna a cui non piacere leggere… Potrebbe essere una sorta di massima, sai di quelle che si racconta al bar gli amici. 😦

            P.S. grazie per la fiducia, vorrebbe farmi da cavia? Se risponde di sì però, si ricordi che almeno una volta al giorno la voglio veder correre nella ruota eh? 😀

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  4. ahahahaha

    non corriamo troppo… semmai potrà farsi due risate, mentre zoppico a causa di sciatica, ginocchio misteriosamente gonfio e attacchi di asma nella ruota U_U

    Giuro… Uno spettacolo unico 😀

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  5. Più che la paura di concludere un romanzo io ho quella di non concluderlo. A volte è paralizzante ed è mortificante, surclassata solo da quella di fare tanta fatica per un’opera che alla fine può risultare mediocre. Sai che sono stakanovista e sempre propensa a migliorare me stessa, questo forse pagherà in futuro. Ma so anche che i cinque anni di stop mi hanno lasciato diversi blocchi interiori e devo assolutamente lavorarci. Mio marito mi ha detto “perché hai paura di qualcosa che sai di saper fare”? E questo è verissimo. Sono ancora una di quelle persone convinte che se una cosa può essere pensata può anche esistere

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    • “Sono ancora una di quelle persone convinte che se una cosa può essere pensata può anche esistere” – condivido, anche se con una versione personale: “Se qualcuno può farlo, lo posso fare anch’io”. L’ho urlato lanciandomi con il paracadute da 4000 metri di quota… 😛

      In che senso: “paura di non concluderlo”? Non è la stessa cosa? La paura che la scrittura non paghi, naturalmente, c’è per tutti.

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  6. La mia principale paura è proprio quella di non riuscire a trovare un…incipit che mi soddisfi abbastanza…
    Certo la cosa migliore sarebbe scrivere comunque una frase iniziale, perché dopo quella tutto il resto vien da sè…ma chissà come mai mi blocco inevitabilmente su quelle primissime parole….
    Quindi la domanda è questa:
    “Scrivere di getto o rimuginare ancora? Questo è il problema….”

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    • Ciao Giulia, in realtà la risposta è abbastanza semplice: nel caso di romanzo, prima di iniziare a scrivere devi avere la storia ben in mente, cioè devi aver fatto una scaletta, schede personaggio e raggruppato tutto il materiale che ti può servire. In alcuni casi, per alcuni scrittori, basta anche solo un ragionamento. Ci sono persone che tengono tutto in mente, dentro di sé. Qualunque sia il tuo modo, nel momento in cui inizi a scrivere, la storia ti deve essere chiara. Dopo di ché, scrivi. Semplicemente. Scrivi le prime parole che ti vengono in mente, attinenti con la storia, e poi procedi. Quando avrai finito la prima bozza (e ti invidierò per questo) avrai il tempo sufficiente in revisione per riscrivere tutto, compreso l’incipit. Quello che invece non devi proprio fare è arenarti su una frase, non devi pensare che le prime parole scelte devono per forza essere quelle giuste. Mi spiego? Nella scrittura l’unica cosa che non serve è l’ansia. 😉

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      • Uhmmm…vai che ci provo 😉
        La storia ce l’ho in mente, anche abbastanza definita…ma sono convinta che nello scrivere..diventerà tutto imprevedibile alla fine 🙂
        Grazie mille a entrambi, mi avete chiarito le idee! 😀

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  7. A parte la paura di mollare prima di avere combinato qualcosa di buono – con cui ormai ho appestato tutti i blog del nostro circuito, grazie al meme! – ho anche paura della dispersione di energie. Sai, quella per cui finisci con il passare il tempo più a parlare di scrittura che a scrivere. (Credo che ne parlerò nel prossimo post.)

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    • Hai ragione, la dispersione di energie è un’altra paura comprensibile, solo che credo lo sia più per chi già vive di scrittura (o ci tenta), mentre chi ancora sta cercando un proprio stile, delle storie che vale la pena narrare, il dispendio di energie è un po’ dato per scontato. Tu sai che mi sveglio ogni mattina alle tre per scrivere e sai anche che ho abbandonato sette manoscritti, quindi un grandissimo dispendio di energie. Tuttavia oggi ho uno stile definito e una scrittura più sicura rispetto a un anno fa, quindi è stato un buon investimento. 😉
      Aspetto il tuo post allora. 🙂

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      • Ti ammiro molto per il genere di impegno che riesci a portare avanti. Comunque non parlavo di dispendio di energie (quello sì, va messo in conto), ma di dispersione come rischio di farsi distrarre da “altro”, estraneo alla scrittura oppure correlato, ma sempre capace di mangiarti tempo in cui ti sarebbe utile scrivere.

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        • Si credo di aver capito cosa intendi, ma non credo che sia un male. Mi spiego meglio: per quanto riguarda il blog, è un ottimo allenamento sia per la scrittura sia per la disciplina; per quanto riguarda i diversi progetti, in tutti i manuali dei grandi scrittori che ho letto, se non dichiarato, si evince che iniziano sempre più progetti alla volta che poi portano avanti anche a distanza di anni, un po’ come un lettore che comincia più libri contemporaneamente e li legge alternandoli in base al momento e alla voglia. I sette manoscritti che ho abbandonato sono comunque progetti che stanno lì e che magari prima o poi completerò. 😉

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            • Ciao Elisabetta, ben venuta nel mio blog. Sono passati tre anni, hai ragione, e di cose nel frattempo ne sono capitate parecchie. Naturalmente, per rispondere alla tua domanda, dipende da cosa intendi per “terminato”. In questi tre anni ho pubblicato tredici racconti: 12 col Gruppo Editoriale Mondadori e uno con il periodico letterario Ellin Selae. Quindi, sì: ho terminato qualcosa. Attualmente ho chiuso questo blog perché mi portava via molto tempo; tempo che sto invece dedicando alla stesura del mio primo romanzo. Sono ancora lontano dal “terminarlo”. Mi ci vorranno più o meno due anni. Però posso dire d’essere molto soddisfatto di come sta venendo. La direzione è quella giusta. Il traguardo ancora lontano.

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